top of page
  • Immagine del redattoreDario

Un approccio rigenerativo alla farfalla cavolaia

🌻 Uno degli aspetti più rivoluzionari dell’orticoltura rigenerativa è l’idea di affrontare i problemi di parassiti promuovendo l’abbondanza e diversità di forme di vita, invece che focalizzarsi sull’esclusione del parassita.


💭 Chiacchierando con amici e colleghi italiani, mi sono reso conto che, tra le tante strategie adottate per evitare i danni che la cavolaia può causare, la mia preferita non veniva mai menzionata. E quindi… in questo post condivido il nostro approccio rigenerativo alla cavolaia.


🦋 In Inghilterra, dove si trova la nostra azienda, ci sono due specie di farfalla cavolaia (Pieris rapae, e P.brassicae); i bruchi di queste due specie hanno la notevole capacità di decimare una coltura di brassicacee in pochissimi giorni. I bruchi gialli e rossi della cavolaia maggiore iniziano a nutrirsi dalle foglie esterne, mentre quelli verdi della minore di solito iniziano la loro scorpacciata dalle foglie interne.


🥅 Una strategia sostenibile è quella di limitare i danni applicando delle reti anti-insetto per proteggere le foglie delle nostre piante. Questa è senz’altro una strategia efficace, ma non rigenerativa, perché richiede l’uso (nel migliore dei casi!) di nylon (che dura fino a 20 anni se usato bene), limita l’accesso alla coltura, e soprattutto esclude molte forme di vita dai bancali di coltivazione. 🦠 Un’altra soluzione sostenibile è l’utilizzo di un trattamento biologico chiamato Bacillus thuringiensis (BT), un batterio che infetta l’apparato digerente dei bruchi. Il BT è un batterio naturalmente presente in natura, ma per renderne l’effetto distruttivo nei confronti dei bruchi, è necessario spruzzarlo in soluzione sulle foglie delle piante ogni 2-3 settimane; purtroppo non si naturalizza e quindi non prendere residenza permanente nelle quantità necessarie a limitare i danni da cavolaia. Se non altro, però, è un passo nella giusta direzione perché introduce più vita invece che escluderla. D’altro canto, però, rende l’agricoltore dipendente da un input esterno che non si può autoprodurre.



🦟 Un’alternativa rigenerativa consiste nell’incoraggiare la presenza di predatori naturali della cavolaia, come uccelli e vespe parassitoidi.


🐛 I bruchi della cavolaia maggiore sono molto sensibili alla vespa parassitoide Cotesia glomerata, che depone le sue uova dentro il bruco. Dopo 15 giorni di vita all’interno della vittima, le larve emergono e formano dei bozzoli gialli (mostrati in foto) vicino al bruco indolenzito ma ancora vivo. Quest’ultimo viene condizionato biochimicamente a proteggere i bozzoli da predatori ed a produrre della seta con cui avvolgerli per ripararli dagli elementi atmosferici. Quando le larve hanno ultimato la trasformazione in vespe adulte, il bruco muore ed emette un odore che segnala alle cavolaie adulte il pericolo; queste ultime quindi si tengono alla larga dalla pianta su cui il dramma si è consumato, e vanno a deporre le loro uova altrove.


👨‍🌾 Questa strategia è vincente su vari fronti. Innanzitutto, non esclude nessuna forma di vita dal sistema. In secondo luogo, ci risparmia qualsiasi tipo di azione. Tipicamente, nel nostro orto, nonappena vediamo un po’ di danno da cavolaia, aspettiamo una settimana e puntuali arrivano le amate vespe ad ipnotizzare i bruchi. Le foto mostrano alcuni esempi dal nostro orto, ho aggiunto anche dei video nei commenti.


🌼 A questo punto vi starete chiedendo, come si fa ad assicurarvi che queste vespe parassitoidi siano sempre pronte a balzare sul malcapitato bruco di turno? I primi anni bisogna essere coraggiosi, perché i danni sono più ingenti e le Cotesia arrivano sempre un po’ troppo tardi. In questo caso, un uso diradato e leggero di BT può aiutare a contenere le perdite. Non dimentichiamoci però che se uccidiamo tutte le prede, i predatori non hanno motivo di arrivare a stabilirsi nel nostro orto. Quindi dobbiamo osservare pazientemente e coraggiosamente, senza fretta di intervenire.


🌺 In parallelo, dobbiamo creare habitat permanente per i predatori, di modo che le vespe adulte non si spostino troppo lontano e che rimangano dietro l’angolo, pronte ad attaccare i bruchi dell’anno dopo. Per fare ciò, bisogna premurarsi di avere delle brassicacee in fiore ininterrottamente durante l’anno. Infatti, gli adulti di C.glomerata si nutrono del nettare delle brassicacee (e non solo, ovviamente), e svernano spesso nei residui colturali delle stesse.

Per questo motivo, indipendentemente dalla stagione, a Living Soil Garden, c’è sempre almeno un letto di brassica in fiore: rucola, broccoli, cavoli ricci, ravanelli, ecc. Oltre ad essere fonte di nettare e di habitat per gli adulti, questi fungono da fonte di bruchi durante i periodi dell'anno in cui non avremmo brassicacee per produzione, così che anche le larve possano nutrirsi durante tutto l'arco dell'anno.

Rucola e ravanelli sono i candidati migliori per essere anche aggiunti a delle fasce di biodiversità, in cui non sottraggono spazio alle colture e possono auto-rinnovarsi. Tra l’altro, boccioli e fiori della rucola, così come i fiori e baccelli dei ravanelli sono buonissimi e molto ricercati da alcuni chef.




182 visualizzazioni0 commenti
bottom of page